Nella meditata esecuzione delle sue sinfonie cromatiche, Massimo Meucci rivela un'impulsività emotiva e generosa, che guida la sua mano a esplorare territori sconfinati, e i grovigli segnici di un macrocosmo espansivo.
Tuttavia, la libertà del suo volare sulla tela non esclude affatto il fermo controllo degli equilibri compositivi, anzi il coinvolgimento istintuale nella materia, trova la sua misura nella ragione costruttiva dei segni, delle forme, degli accordi ed e disaccordi tonali.
Egli allude a universi utopici, approdando per incantamento a dissoluzioni musicali, concertando sovrapposizioni, fenditure, allusioni geometriche, contrasti, ipotesi prospettiche.
In questi suoi ultimi lavori Massimo Meucci sembra ripensare al quadro come soggetto di meraviglie inaspettate, immettendosi nei territori storici dell'informale italiano, accanto alla poeticità di Afro e alla scrittura pittorica, elegante e inquieta, di Tancredi.
Ha quindi rinunciato alla macchia larga fine a se stessa, per approdare a una pittura calda, vibrante di spessori lirici, accendendo ulteriormente l'ampiezza della sua pagina pittorica con la forza delle campiture atonali, realizzate con la spatola, i pennelli, e l'intervento diretto delle sue stesse mani.
In queste composizioni, egli tendi a saturare lo spazio, dando vita a colature controllate e a larghe strisce, che si distendono come attimi di pausa riflessiva, nel contesto di un'astrazione ribollente.
Le distese pittoriche di Meucci annunciano profondità cosmiche fastose, dove intervengono biancori luminescenti, abbaglianti persino, proponendo metafore, sensazioni, emozioni profonde.
In un linguaggio squisitamente gestuale, ma tutt'altro che irriflessivo, egli rimanda ai misteri che si nascondono sotto la materia, che appare tesa al raggiungimento di un'originaria purezza.
Paolo Levi